Gennaio 2004: Testimonianze – Un messaggio di vita da un’esperienza di malattia – Racconti di speranza per guardare con ottimismo al futuro
Felice Anno Nuovo a tutti!
Un augurio particolare alle donne Andos e a tutte quelle che sono state operate al seno come me.
Sono stata operata al seno più di sei anni fa. Tutto sembrava procedere per il meglio in vista dell’ipotetico traguardo dei “cinque anni” (chi è stato operato sa quanto è importante). Poi, ad un passo dalla “vittoria”, una complicazione. Quella che i medici chiamano una degenerazione del tumore al seno. Era l’inverno del 2001. Non è stato un buon Natale, anche perchè a cavallo delle festività aspettavo l’esito delle analisi. L’importante, però, è reagire. E in quel momento lo era più degli altri.
Ed ora eccomi qua, con qualche pensiero per i miei cari e per la mia salute, ma anche con tanta voglia di vivere.
Ogni mattina, quando mi sveglio, affronto il nuovo giorno con serenità, apro gli occhi e ringrazio il buon Dio.
Ora, dopo un lungo periodo di riposo, ho ripreso servizio come volontaria Andos presso l’ambulatorio di linfodrenaggio dell’ospedale di Lonigo. E anche per questo mi sento più felice.
Quando una donna viene colpita in prima persona dal “grande male”, ma credo in generale quando si viene colpiti da tumore, è importante ricevere, ma anche e soprattutto dare. Solo donandoti agli altri ti senti vivo ed utile.
Qualche anno fa, quando ad una riunione delle volontarie mi è stato chiesto che cosa mi avesse dato l’ANDOS, non ho esitato a rispondere: lì c’è un grande legame di amicizia vera, che nasce quando si condivide un problema. Ho trovato delle persone sempre pronte ad ascoltarmi, con il sorriso e l’allegria di chi ha voglia di vivere. E sono state proprio loro ad aiutarmi a superare i momenti più difficili, perchè anche loro sapevano che cos’era il tumore al seno. Sì, perchè il tumore non è solo una malattia del corpo, ma si abbatte anche sulla vita di relazione del malato e dei suoi familiari.
A chi in questo momento si trova a vivere un’esperienza come la mia, che è poi quella di tutte le donne operate al seno, e non ha ancora conosciuto l’ANDOS, mi sento di dire che l’importante è vivere e godersi le piccole e grandi cose della vita. Lo so che non sempre è facile, soprattutto nei primi tempi, ma ce la potete fare!
Non vi posso regalare una giornata di sole, ma io e le altre volontarie siamo qui per ascoltarvi. E se non arriviamo al sole, cammineremo insieme verso il sereno, perchè il sereno è dentro di noi.
Assunta (dal Giornalino dell’Andos – gennaio 2004)
28 anni è impossibile, l’età a rischio è dopo i 40!
Invece era lì come una pallina insignificante in mezzo al petto: è arrivato silenzioso, non ha guardato nome, età, ha colpito come una roulette russa e questa volta era toccata a me!
Tutto mi è crollato addosso: ero giovane, fidanzata da poco, dovevo sposarmi, farmi una famiglia!
Mi sentivo sola, per me gli altri non capivano, gli altri hanno i loro problemi e per quanto possano esserne dispiaciuti, amareggiati, non erano me.
Io non volevo morire!
Frequentando l’ANDOS ho trovato tante ragazze giovani come me e nuova forza: non mi sono mai sentita abbandonata e sola.
Mi sono sposata e la vita mi ha regalato una rivincita: la nascita di due gemelli belli come il sole!
Ora, guardandoli negli occhi, capisco di aver vinto!
Remigia (dal Giornalino dell’Andos – gennaio 2004)
Inizialmente identificavo l’ANDOS solo con il volto di quella volontaria che si era presentata nella mia stanza d’ospedale e che mi era apparsa come un miraggio proprio in quel momento (uno dei tanti in realtà) in cui ero assolutamente a terra.
Non me l’aspettavo!
Il sapere che avrei potuto avere un certo tipo di assistenza, anche una volta uscita dall’ospedale, quando tanto si teme di essere abbandonate a se stesse con tutta l’incognita delle terapie e delle sue temute conseguenze, ha cominciato a ridarmi la carica giusta e soprattutto la speranza che sembrava avermi lasciata.
Ho constato, invece, quante altre donne si danno da fare nell’Associazione, in un numero che non avrei mai immaginato. Sono rimasta colpita dall’energia che emanano, dalla voglia di vita che dimostrano, da quell’autoironia che lascia sconcertato chi ha sempre fatto della parola “cancro” sinonimo di disperazione e morte.
Ho capito che siamo un bel gruppo di donne coraggiose e forti, che non nascondono con vergogna il loro problema, ma credono nella forza della solidarietà.
Paola (dal Giornalino dell’Andos – gennaio 2004)